Entrando nel teatro vediamo quattro persone, quattro sportivi, tre individui con disabilità, i relatori, i protagonisti dell’ultima assemblea di istituto svoltasi il 15 aprile. Pur sapendo che molti studenti erano presenti, è importante conservare questo momento in modo che tutti possano fare propri i valori trasmessi dai relatori. Tutti loro, ciascuno a proprio modo, hanno mandato il medesimo messaggio:“L’accettazione di sé è un passo fondamentale per superare i propri limiti e valorizzare le proprie qualità per creare qualcosa di grande”.
Daniele Cassioli, campione pluripremiato di sci nautico cieco dalla nascita, ha sostenuto il primo intervento. Egli ha raccontato come si sia stato difficile accettarsi e superare il senso di ingiustizia che provava, si sentiva diverso. Poi ha compreso:“ E’ la diversità che ci rende unici e speciali” con queste parole Daniele consiglia a tutti di mettersi in gioco, valorizzando ciò che ognuno di noi può fare, in quanto le diversità fanno una squadra.
“La vita diventa bella partendo da ciò che siamo”: così Daniele lancia un forte e sincero messaggio di integrazione. Attraverso un video è stata testimoniata l’esperienza di Jacopo Agosti che, grazie alla sua allenatrice di atletica, ha svolto un’attività di volontariato settimanale dedicata ad un bambino ipovedente che è stato molto arricchito da questa esperienza. Jacopo afferma:” Bisogna mettersi in gioco e sperimentare per crescere!”. Ricordiamo che Daniele fa parte di un’associazione a sostegno dei bambini non vedenti.
Nicoletta Tinti e Silvia Bertoluzza, danzatrici e legate da profonda amicizia, sono state le protagoniste del secondo intervento. La prima, cresciuta con lo sport, ha praticato ginnastica ritmica per parecchio tempo entrando in nazionale a quattordici anni e partecipando ai giochi olimpici. Poi ha frequentato un corso di danza durante gli studi universitari, ma proprio nello stesso periodo ha avuto un cambiamento improvviso, che non è stato affatto semplice da affrontare.
Una notte ha avuto un’ernia discale che l’ha portata ad una paralisi dalla vita in giù. Afferma che è stata molto aiutata dalla sua esperienza sportiva, si è posta piccoli obbiettivi per non arrendersi di fronte agli ostacoli e si è riscoperta. Ha raccontato che in quel momento le sembrava di trovarsi come in un limbo, nonostante le tante emozioni diverse provate, non si è mai disperata. Successivamente ha conosciuto Silvia, con la quale condivide la passione per la danza, e hanno iniziato a provare insieme. A mano a mano che il gioco le coinvolgeva sempre di più, anche l’energia e il legame tra loro diventavano sempre più intensi, fino a rappresentare la forma di linguaggio da loro preferita. Così hanno condiviso i limiti e le difficoltà, rispettandole e accettandole per sfruttare tutte le potenzialità. L’energia tra Nicoletta e Silvia ha continuato ad intensificarsi tanto che ora, durante le loro presentazioni, è respirabile, quasi visibile, un filo che unisce anime e corpi. Raccontano:” Mancava la dinamica nello spazio” perciò Silvia progetta un carrello chiamato Grimm sul quale Nicoletta può girare e muoversi. Grazie ad esso le due hanno potuto abbracciarsi per la prima volta. Nicoletta e Silvia hanno fondato una compagnia chiamata “Inoltre”.
“Io sono nata due volte” in questo modo inizia l’intervento di Alessia Berra, che fino all’università ha provato a nascondere la sua disabilità, ma poi è riuscita ad entrare nella squadra paraolimpica di nuoto, a disputare le olimpiadi a Rio e ad accettarsi valorizzando le proprie capacità. Alessia è ipovedente e per molto tempo si è sentita sempre un gradino dietro agli altri, per questo motivo ha sempre rifiutato alcuni aiuti o si vergognava di alcuni strumenti che le era consentito usare. Faceva molta fatica ad accettare la sua difficoltà; l’unica volta in cui si è “esposta” le hanno impedito di proseguire gli studi che voleva sostenere. Una volta entrata nella squadra paraolimpica, Alessia racconta:” dopo due anni di gare internazionali non ero né carne né pesce. Poi mi hanno schiaffato in faccia la realtà. Così grazie alla mia squadra e alle mie avversarie, con le quali condivido lo stesso problema, mi sono accettata e sono rinata”.
Il prossimo obbiettivo di Alessia è affrontare al meglio gli europei e le prossime olimpiadi, cercando sempre di migliorare il suo tempo.
I relatori concordano che non sempre ci siano pari opportunità o pari trattamenti per tutti, poiché la società ancora non vede la disabilità come una condizione ma come una stranezza.
Possiamo concludere scrivendo che queste persone portano avanti un messaggio importante: vedere la propria individualità come un punto di partenza per costruire la propria personalità, mettendo a frutto le proprie capacità per tutta la società generando arte, relazioni profonde, gioie sportive ed emozioni condivise. Ciò può essere esteso a tutti noi che potremmo, prendendo esempio da queste persone, costruire qualcosa di grande, per noi e per gli altri, partendo da quella scintilla che ci appartiene e ci caratterizza.
Emma Ferracini
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